marco ghianda
03 Jun
03Jun

In questo periodo di pausa mondiale mi sono soffermato e ho cercato un punto di incontro tra mente e spirito, tra il mondo della forma e quello dell’anima, tra l’emisfero destro e quello sinistro, tra il razionale e il fantastico, e così via…

I pensieri che ho trovato più vicini alle ultime scoperte scientifiche, astrofisiche e quantistiche sono alcuni scritti di mistici e poeti vissuti, più o meno, tra il 500 a.C. e il 150 d.C.

Come fecero questi pensatori a trovare risposte così dettagliate sul processo evolutivo della coscienza?

Erano forse in connessione con quella che io chiamo Voce del Cuore, ovvero quella frequenza che sta dietro alle parole e ai suoni, e che io, con le mie registrazioni, cerco di catturare e decifrare per metterla al servizio del mio lavoro e della mia passione.

Condivido con voi una delle tante riflessioni.

Si è scoperto, scientificamente parlando, e si è dimostrato ampiamente, che l’entropia dello spazio aumenta sempre: tutto l’universo comincia ad acquisire una maggiore consapevolezza di sé, e le forme di vita che lo popolano diventano più complesse proprio per questo motivo.

Se non esistesse questo continuum di informazioni che passa da un aggregato fisico all’altro, il pianeta sarebbe rimasto fermo al brodo primordiale.

È stato invece proprio grazie al viaggio della coscienza originaria e alla sua interdipendenza con i fenomeni che il flusso d’informazioni ha messo in moto il processo entropico, rendendo possibile l’evoluzione.

Sappiamo bene che ciò che nasce dagli aggregati corporei e materiali finirà con la morte. Tuttavia, l’informazione di quella forma, chiamata anche spazio consapevole, resterà co-presente al processo entropico, altrimenti nessuna evoluzione sarebbe possibile.

Sappiamo inoltre che non tutto può essere raggiunto o spiegato con un’equazione scientifica, con i conti o con i calcoli matematici: il principio di indeterminazione di Heisenberg ne è la prova.

Le parole di alcuni dei più qualificati scienziati e astrofisici del mondo, come Trinh Xuan Thuan, o di maestri spirituali, diventano dunque fondamentali per comprendere come e cosa fare per raggiungere uno stato di piena consapevolezza, detto anche illuminazione.

Per me è stato eccezionale e raro sentire ammettere, sia dalla scienza che dalla filosofia, cioè dall’anima e dallo spirito, dal razionale e dallo spirituale, che devono coesistere e collaborare.

E aggiungo che, secondo me, oggi non abbiamo scelta.

Per non diventare invasati, fanatici religiosi o dogmatici, e per essere davvero di beneficio a tutti, dobbiamo camminare con un occhio rivolto al mondo, alla razionalità, e l’altro rivolto all’interno, verso la nostra sensibilità e purezza spirituale, imparando a farle coesistere in armonia.

Per ora ci basti sapere, come è ormai ben dimostrato scientificamente, che la continuità della coscienza è destinata prima o poi a fermarsi (cosa che sta già accadendo in alcune regioni dell’universo, che stanno diventando via via più simmetriche e fredde), dimostrando quasi profetiche le parole di un saggio orientale di duemila anni fa, Nagarjuna, che definì la coscienza vacua, priva di realtà propria.

Infatti possiamo notare anche oggi come questa coscienza, avendo raggiunto il livello massimo di consapevolezza o entropia, quello che alcuni antichi chiamavano illuminazione, non avrà più bisogno di manifestarsi. È ciò che fisici e astrofisici stanno cominciando a spiegarci.

Alcuni sutra di 2500 anni fa, conservati e protetti in Tibet fino a poco tempo fa, spiegavano che ciò che ha tutte le cause non può generare alcun effetto; al contrario, ciò che appare può apparire proprio perché non ha realtà propria.

La fisica direbbe che ciò che appare non ha abbastanza consapevolezza per non apparire ed è proprio per questo che può manifestarsi.

Tutti noi siamo destinati all’illuminazione, poiché tutto è già illuminato.

O, come direbbe un fisico, tutto è coscienza e tutto tornerà come prima, ma con una consapevolezza di sé che prima non aveva.

Sta qui la differenza.

Ed ecco dissolto anche il peso, direi, di un principio creatore, che ormai mostra le sue falle: nulla e nessuno ha creato qualcosa “all’inizio dei tempi”, perché per creare devi esserne consapevole, e per esserlo devi averne fatto esperienza, devi aver compiuto l’intero viaggio.

Dunque, consapevolezza, illuminazione, creazione e conoscenza avverranno solo alla fine di questo viaggio, quando avremo finalmente coscienza di essere simultaneamente la creazione e il creatore, che in eterna interdipendenza danno vita al mondo della forma, ma soprattutto al mondo della vacuità.

Ascolta QUI le registrazioni e le musiche realizzate

Marco Ghianda 



Commenti
* L'indirizzo e-mail non verrà pubblicato sul sito Web.